Alla scoperta del Quasar 3C 273

La costellazione della Vergine è tra le più estese del cielo, ma non è solo per questa ragione che l’abbiamo scelta come argomento del mese. È proprio al suo interno che è avvenuta una delle scoperte più significative dell’astronomia moderna.

Quando cala la notte, se dalla stella Polare ci dirigiamo verso lo zenith (il punto più alto sopra la nostra testa) e poi scendiamo verso sud, la troviamo nella parte sud-occidentale del cielo. Qualcuno potrebbe dire che sì, la costellazione della Vergine è grande, ma è composta per lo più da stelle deboli, con luminosità inferiore alla seconda magnitudine. Sono quindi poco appariscenti e quasi invisibili in presenza di foschia o inquinamento luminoso. Non dimentichiamo, però, che la stella più luminosa della Vergine, chiamata Alpha Virginis dagli astronomi, è tra le 15 stelle più brillanti di tutto il cielo.

Il suo nome è Spica, che in latino significa “spiga di grano”: un richiamo all’associazione tra la costellazione della Vergine e il periodo dei raccolti agricoli perché inizia a comparire nel cielo proprio in quel momento dell’anno. Spica, con magnitudine 1,04, è una stella molto giovane e calda, decisamente più grande del nostro Sole e si presenta di colore azzurrino. È infatti classificata come gigante azzurra. Dista da noi 250 anni luce (all’incirca due milioni e mezzo di miliardi di chilometri) ed è accompagnata da una stella secondaria che le orbita attorno. A causa della grande distanza da noi, questa compagna non è visibile nemmeno con i più potenti telescopi, ed è perciò classificata come doppia spettroscopica. Questo non è un appellativo offensivo, ma individua semplicemente quelle stelle la cui duplicità non è osservabile visualmente, ma identificabile solo grazie allo sdoppiamento dei loro spettri ricavati con lo spettroscopio. 

Ciò che rende particolare la costellazione della Vergine è la presenza, tra le sue stelle, di un oggetto molto particolare. Nel 1966, la rivista Time dedicò la copertina a Maarten Schmidt, ricercatore del California Institute of Technology: un onore che il celebre settimanale concedeva di rado a uno scienziato. Il motivo? Qualche anno prima, Schmidt aveva scoperto una debole sorgente luminosa nella Vergine che si allontanava da noi a un’incredibile velocità: sessantamila chilometri al secondo, pari al 20% della velocità della luce!

(Fonte: Times The weekly news magazine, Mar. 11, 1966, Cover Credit: ROBERT VICKREY)

Quella sorgente luminosa, poi classificata come 3C 273 (oggetto n. 273 del terzo catalogo di Cambridge), divenne il primo esemplare conosciuto di una nuova e peculiare categoria di oggetti celesti: i Quasar, acronimo di QUASi StellAR radio source (sorgente radio quasi stellare, perché con controparte ottica simile ad una stella).

Successivamente, si scoprì la loro vera natura: galassie con un buco nero supermassiccio nel nucleo. Questi buchi neri attirano a sé enormi quantità di materia con una forza tale da accelerarla a velocità altissime, generando enormi quantità di energia e luce, visibili a distanze cosmiche. Un Quasar può emettere luce pari a quella di centinaia di galassie messe insieme. Il Quasar 3C 273, per esempio, si trova a due miliardi e mezzo di anni luce da noi.

In un Universo in espansione, come appare essere il nostro, più due oggetti sono distanti, più rapidamente si allontanano l’uno dall’altro. Se un oggetto è talmente luminoso da essere visibile anche a grandi distanze, rileveremo anche una velocità di allontanamento molto elevata. I Quasar sono probabilmente gli oggetti più luminosi dell’intero Universo.

Il Quasar 3C 273, tuttavia, rimane un oggetto difficile da osservare. Con una magnitudine visuale di 13, può essere visto solo come un debolissimo puntino luminoso, osservabile attraverso un telescopio di almeno venti centimetri di diametro (ad esempio un buon telescopio newtoniano da 8”) sotto un cielo buio e limpido. E chi riuscirà a cogliere questa piccola meraviglia, sappia che quel puntino apparentemente immobile nel campo visivo del telescopio sta in realtà fuggendo via da noi alla velocità di duecentosedici milioni di chilometri l’ora!